lunedì 24 marzo 2014

Il PopolarSocialismo e la Globalizzazione



Qual è la risposta popolarsocialista alla globalizzazione? Secondo me, consiste non in un difficile e astratto “no-global” ma piuttosto in un “new global”: vale a dire una nuova politica che possa governare la globalizzazione con strumenti democratici.
Quello che manca a questo processo di mondializzazione è un vero confronto con le esigenze popolari, per garantire la protezione sociale nello sviluppo economico, attraverso un’economia mista all’interno della globalizzazione. Il movimento mira a realizzare quell’economia socialista di mercato in cui si possa eliminare il conflitto tra capitale e lavoro per umanizzare il capitalismo. Il popolarsocialismo rinuncia allo sviluppo selvaggio dell’economia per promuovere la crescita sociale, con lo scopo di valorizzare gli aspetti cooperativi del mercato e del lavoro e non solo l’aspetto produttivo fine a sé stesso.Al contrario, il neoliberismo facilita monetarismo, privatizzazione, plutocrazie, povertà, produttività selvaggia, economicismo o scientismo. La destra liberale, nazionale o sociale (Tremonti-Fini) non risolve realmente il problema. Anche se la destra sociale e moderata riesce o tenta di controllare il mercantilismo per favorire gli interessi nazionali, i grandi gruppi economici (i poteri forti) dettano legge lo stesso e i lavoratori subiscono il potere di chi gestisce l’economia di mercato e, di conseguenza, non c’è realmente un’equa distribuzione delle ricchezze come si vuol far credere. In poche parole, non si ha il capitalismo selvaggio, certo, ma il mondo del lavoro è ridotto in totale schiavitù perché è fortemente gerarchizzato e autoritario. Un’economia di mercato meno liberista per favorire non le classi povere ma il benessere dei capitalisti e il potere dei datori di lavoro o dei vari e odiosi top manager che si inseriscono nel ruolo di dirigenti e amministratori come lupi affamati nel gregge di agnelli. Il Welfare State, anche se viene “protetto” nella politica della destra sociale, rimane di serie A per i ricchi e di serie B per i poveri. Personalmente, credo che la globalizzazione finisca con il tempo per fallire, in modo da diventare solo un ponte verso una futura emancipata civiltà altamente tecnologica e con un’economia pianificata, fondata su una nuova etica marxista eterodossa ancora tutta da scoprire. Nel frattempo,in questo periodo di passaggio, il miglior modo di governare la globalizzazione è, secondo me, attraverso il popolarsocialismo, per promuovere in sintesi tre punti fondamentali:

a)La democrazia partecipativa, in modo da combattere i poteri forti e di conseguenza l’attuale democrazia formale. Se, come sostiene Marcuse, «la libera elezione dei padroni non abolisce né i padroni né gli schiavi», allora ha senz’altro ragione Chavez nel sostenere che «conviene passare dalla democrazia rappresentativa (la quale peraltro non dev’essere necessariamente disprezzata) a una democrazia partecipativa, diretta», proprio per «chiamare il popolo a intervenire sempre più a tutti i livelli del potere, per rendere più efficace l’opposizione a ogni violazione dei diritti umani».

b)L’economia mista, con una  forte  presenza   di    cooperative e la
necessaria subordinazione del mercato alle esigenze dello Stato come risposta diretta a rovesciare un mercantilismo senza barriere sociali e senza un adeguato e comunitario spazio pubblico dei servizi gratuiti. «Noi dobbiamo cercare il punto d’equilibrio tra il mercato, lo stato e la società. Ciò che occorre è far convergere la mano invisibile del mercato e quella visibile dello stato, in uno spazio economico all’interno del quale il mercato possa esistere quanto più è possibile, e lo stato per quanto è necessario» (Chavez);

c)La proprietà popolare della moneta, una teoria monetaria proposta dal professor  Giacinto    Auriti   e    condivisa    da    molti
movimenti, per annientare il signoraggio e l’enorme potere finanziario e tecnocratico delle banche centrali, in modo da promuovere la democrazia economica e rendere così possibile a ognuno il diritto al reddito sociale di cittadinanza. «Devono essere i popoli gli unici proprietari del loro mezzo di scambio, poiché accettandolo per convenzione ne creano il valore; la Banca Centrale deve solo emettere il denaro accreditandolo agli Stati ed ai cittadini» (Auriti).

Il popolarsocialismo, in breve, dev’essere non la negazione ma la rivoluzione democratica della globalizzazione, resa possibile da un’economia mista e da una democrazia realizzata sia sul piano partecipativo che su quello economico.

Nessun commento:

Posta un commento