di Sandro D. Fossemò
Un vampiro mascherato da impiegato
è volato in alto,
tra le luci e l'asfalto.
Voci registrate ruotano sui simulacri,
imprigionate nei luminosi sepolcri.
Codici spettrali e ignote ombre
vagano nelle digitali tombe.
Una zucca illumina il volto di un cyborg flemmatico;
non amo il sangue sintetico del corpo cibernetico.
Le fauci della megalopoli divorano scheletri di plastica.
Corvi impazziti rompono i vetri di una fabbrica.
Torri di specchi sprofondano nello smog e nell'allucinazione,
dove le mummie sono sepolte nella programmazione.
Sotto il bagliore infuocato di un lampione,
una pozzanghera specchia un clown cupo e maligno.
Tra le mani ha un grosso ragno,
che accarezza senza attenzione.
Zombi scendono a frotte,
da cimiteri abbandonati di televisori rotti.
Le insegne rischiarano la morte,
in quelle maschere cieche e luccicanti
che nella vetrina attendono la mezzanotte...
L'urlo liberatorio di un tuono provoca un intervallo,
che frantuma il rigido cielo di metallo.
Cadono nel vuoto pezzi di cristallo.
La danza delle streghe e il vino scaldano la notte.
Torce elettriche illuminano neri mantelli e grotte.
Morsi sul collo squarciano la finzione
e liberano la passione.
L'umida foschia avvolge una splendida follia
e da queste ombre non voglio scappare via.
I replicanti si allontanano,
quando gli spettri dell'oltretomba dominano.
L'oscurità vive nella propria luce,
perché Halloween è una magia che seduce!
Poesia gotica
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