martedì 17 marzo 2020

Massoneria e vendetta ne "Il barile di Amontillado" di Poe

di Sandro D. Fossemò
   « Là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore.» 
(Matteo, 6, 21)   
                                                                     
                                                                      
Il breve  racconto  gotico  “Il barile di Amontillado” (The Cask of Amontillado,1846) di Edgar Allan Poe è un esempio perfetto dello scenario orrorifico dello scrittore, dato che vi sono tutte le tracce legate alla compenetrazione  artistica del grottesco e dell'arabesco ; oltretutto presente nella nota e precedente antologia  “I Racconti  del grottesco e dell'arabesco”.(Tales of the Grotesque and Arabesque,1840)
L'aspetto grottesco, legato non solo alla derivazione italiana di “grotta” ma anche a quella inglese di “grotto” e di “cavern”, coincide in pieno all'ambientazione  del racconto    in una fredda cantina dove, essendo utilizzata pure come una catacomba dalle pareti umide,  vi si legge anche un significato connesso alla gelida oscurità  dell'abisso con la sua  deforme e mostruosa profondità. Nell'arabesco si vuole esprimere qualcosa di intricato, di bizzarro o di difficile interpretazione. Quindi, il breve racconto esprime una vena enigmatica e allo stesso tempo arcana e ritualistica  da indurre il lettore a un' esegesi   attenta e minuziosa per poter  comprendere appieno il rilievo semantico, all'interno di un difficile intreccio simbolico. Effettivamente, è esattamente in quel  contesto   tra grottesco e arabesco che si nota come l'autore abbia sviluppato uno stile misterioso volto a compenetrare l'ambiente  alla trama. Ovvero, essendo  il contenuto situato in un fosco sotterraneo,  anche la storia   diviene a sua volta criptica con frasi e simboli a doppie interpretazioni.  
   La narrazione  descrive una  premeditata vendetta  provocata  dall'oltraggio  ed eseguita con  lucida e fredda crudeltà demoniaca negli abissali sotterranei del palazzo di Montresor, disseminato di barili e resti umani di ossa ammonticchiate.  L'aspetto più brillante dell'opera è proprio come Poe ha fuso simbolicamente  ambiente e psiche in una orribile vicenda piena di suspense e ironia. La discesa nel buio  labirintico del sottosuolo  è una discesa negli inferi dell'anima  dove emerge tutto l ' orrore del delirio psichico e della morte. Nel racconto Una discesa nel Maelström (A Descent into the Maelström,1841) viene pure messo in risalto  l'aspetto drammatico della caduta nell'abisso del gorgo come una forma di delirio psicologico che divora l'uomo smarrito nell'ignoto e in preda  al baratro.  Più si scende fisicamente nel buio e più emerge il buio dell'anima da dove è possibile scorgere quell'area della mente  perversa rimasta prima inesplorata.La torcia  tenuta in mano dai personaggi de Il barile di Amontillado illumina non solo quel luogo oscuro ma sembra quasi voler esprimere  e rivelare attraverso una luce rossastra  la drammaticità degli eventi. Una descrizione affine la troviamo anche ne La maschera della Morte Rossa (The Masque of the Red Death, 1842) nel quale una luce rossa, proveniente dal vetro color sangue e provocata dal fuoco dei tripodi, irraggia le mura della stanza in un riverbero tale da esprimere un  infausto messaggio.  
    Poe si serve spesso di alcuni simboli proprio come mezzo per oltrepassare i limiti apparenti degli eventi con il magistrale intento di penetrare  come una lama tagliente nella sfera intangibile della psiche.  In un certo senso, si capta che la luce rosseggiante della torcia funge da collante perché illumina e unisce in un una dimensione surreale lo spazio esterno  con l'emozione interna dell'anima in una  espressione  cromatica espressiva.  Nell'arte poesca è frequente una grottesca  e sarcastica compenetrazione fra elementi ambientali e psicologici. Non a caso, Fortunato è vestito in modo tale da sembrare quasi un clown con un abito simile a quello di arlecchino e con un cappello conico ornato con dei sonagli come se dovesse recitare la parte di uno sciocco, mentre invece l'assassino indossa un vestito macabro composto da un mantello e da una luttuosa  maschera di seta nera che gli copre il viso.     
Il narratore, che coincide con la figura del nobile decaduto Montresor, chiarisce fin dall'inizio la causa del suo astio  verso il vilipendio dell'italiano, ironicamente chiamato Fortunato, a cui egli intende mettere fine in modo atroce grazie a un diabolico stratagemma in grado di punire impunemente. Ovvero, secondo il narratore, non ha senso rimediare a un torto se viene data la possibilità di reagire al proprio nemico. Di conseguenza, la vendetta dev'essere assolutamente infallibile, totale, perfettamente razionale e spietata, vale a dire senza alcuna minima possibilità di errore umano o tecnico. Il crimine, nella mente degenerata del protagonista, ha la sua giustificazione nell'odio e nell'empietà, specie quando il gesto malvagio  trova sfogo nel gusto per la vendetta.Questi elementi perfezionistici di omicidio come atti di rivalsa  per dei torti subiti caratterizzano anche il racconto Hop Frog dove il protagonista riesce a ingannare e uccidere abilmente i tiranni che lo hanno schiavizzato.
    Durante la festa del carnevale e in tarda sera , Montresor convince astutamente l'ebbro Fortunato a recarsi nella variegata cantina sotterranea del palazzo per verificare se ha davvero acquistato un raro vino spagnolo chiamato Amontillado. Fortunato é scettico dell'autenticità del vino e vuole assolutamente consatarne l'originalità anche per mettere in mostra le sue qualità di bravo intenditore. Il narratore conosce bene la personalità della sua vittima e ne approfitta per realizzare il suo piano diabolico  di vendetta. Ovviamente,  Montresor cerca di non insospettire Fortunato e difatti si presenta sorridente, lo invita più volte a rimandare il controllo del vino mostrando anche una certa premura per il suo raffreddore. Ma il “sorriso” del narratore, viene precisato, é in realtà  un infernale sorriso di sarcasmo volto a  riempire  di gioia  il cuore nero dell'omicida, immerso nel pensiero di un delitto da adempiere in modo sacrificale. Il palazzo è completamente  disabitato perché i domestici hanno approfittato della momentanea assenza di Montresor  per uscire e godersi giornate di libertà.1     Per celare ogni sospetto, l'assassino si lascia prendere il braccio in modo da permettere alla propria vittima di farsi strada da solo, tranquillamente, tra quelle    mura umide e scure della cantina. Durante il cammino, Montresor stappa alcune bottiglie di vino adagiate in fila su un pavimento ricoperto di muffa  e  offre da bere  prima del Medoc e successivamente un beffardo De Grave2  alla sua vittima in modo da aumentargli la sbornia fino a farlo cadere in uno stato di ubriachezza.
     Le chiare e acquose ossa dei morti sembrano fondersi con il bianco nitro delle umide mura tanto che  quelle pareti rocciose, in cui pare di vedere  la fuoriuscita degli scheletri, lasciano presagire la morte di Fortunato. I vini invecchiati tra le ossa di quel  suolo coperto di muffa danno l'impressione di  saldare invece l'ebbrezza con la morte se si pensa allo stato di ubriachezza di Fortunato.   Una possibile ma non improbabile  conferma  a tale associazione  la possiamo, in linea di massima, trovare  perché nelle “culture in cui sono presenti i rituali sciamanici, gli scheletri degli uomini, oppure quelle figure umane  in cui la struttura ossea è visibile, simboleggiano l'esperienza del tracollo psichico cui vanno incontro le persone che vengono iniziate all'esperienza del trance”3.
     Mentre si cerca, come se fosse un tesoro nascosto, il barile di Amontillado  nel vasto e labirintico  sotterraneo, Fortunato    finge di non ricordare come fosse fatto  lo stemma araldico della nobile e decaduta famiglia e Montresor, senza scomporsi, glielo ricorda descrivendogli l'immagine simbolicamente preveggente  di un grosso piede d'oro,  su uno sfondo azzurro, che schiaccia una serpe rampante la quale  morde il tallone. Il motto presente sullo stemma è una frase latina : “Nemo me impune lacessit”, vale a dire “Nessuno mi ha offeso impunemente”. Nel corso della descrizione si ha l’impressione di un presagio  di quello che sta  per accadere. E' come se il carnefice avesse sentenziato freddamente e  in modo inquisitorio la irreversibile condanna a morte  del suo odiato nemico. Tra i lugubri e immensi corridoi , Fortunato rivela a Montresor   la propria identità massonica con un gesto grottesco. Anche il narratore confida la sua appartenenza alla società  segreta  mostrando una cazzuola assai  simbolica  nella iconografia massonica4, ma Fortunato di nuovo si beffa della scoperta e indietreggia come se avesse visto un'arma.
Giunti nei remoti e nascosti recessi della catacomba, Montresor inganna Fortunato sul posto cosparso di cripte in cui si trova il famoso barile di Amontillado e celermente lo incatena all'interno  di una nicchia. Nonostante le  suppliche e i deliri di Fortunato, Montresor lo  mura vivo  con sadismo e scherno provocando una fine atroce al suo avversario.
    Il narratore, fin dall'inizio, accenna a un'immolazione, ovvero a una sorta di sacrificio diretto alla eliminazione fisica del nemico. Quello che non è chiaro  è per quale motivo Montresor non si limiti solo ad assassinare Fortunato ma  decide  anche di sacrificarlo. Sappiamo la causa per cui  vuole  uccidere l'italiano ma non conosciamo per quale motivo compie quel tipo di omicidio . Un' attenta analisi del racconto permette di individuare vari elementi simbolici come la cazzuola e la costruzione del muro che richiamano in mente una sorta di  rituale in stile massonico.  La caverna, per esempio, è il tipico  ambiente per organizzare dei riti, e difatti la catacomba è un luogo affine. Dal punto di vista cristiano il mondo sotterraneo della caverna è paragonabile all'inferno in cui il serpente che vi regna, vale a dire   il diavolo, ne è il viscido custode. La raffigurazione  del racconto si presta a un'interpretazione duplice, in quanto  vi è la fusione tra la mitologia cristiana e la simbologia massonica.     Nel simbolismo della massoneria  la  “cazzuola,   utilizzata per  ‘murare’, serve  da  suggello al silenzio nei confronti degli estranei  ( i ‘profani’), per difendere la ‘disciplina arcana’ ( cioè ‘il segreto racchiuso in un' arca’) dell'esperienza del valore intimamente vissuto dei simboli e dei rituali”5.  Secondo tale interpretazione sembrerebbe che il narratore abbia voluto vendicarsi per il  dileggio subito ma servendosi di un rito massonico  che avrebbe, come dire, immolato un cattivo allievo della massoneria.  Un'ulteriore prova ci viene data dal fatto che nel “simbolismo massonico l'ancora informe ’pietra grezza’ rappresenta il grado di apprendista”6. Guarda caso è proprio su  una rudimentale pietra di granito  che Fortunato viene incatenato.  Da queste associazione si deduce   una ipotetica conclusione rivolta a capire in che cosa s'identifica quel misterioso  “tesoro” ricavato dal termine francese Montresor, vale a dire “mio tesoro”. Probabilmente,  il tesoro  del narratore è la conoscenza occulta della massoneria. Fortunato, simbolicamente  rappresentato nello stemma nobiliare come il grande piede d'oro7, ha calpestato il serpente Montresor con gli insulti, ma è anche venuto a conoscenza dell'oscura sapienza massonica raffigurata proprio nell'oro8.




NOTE:

1)  Una mancanza in realtà prevista e voluta dallo stesso narratore.
2)  La traduzione  è “La tomba” dall'inglese  “The grave”.
3)  Hans Biedermann, Enciclopedia dei Simboli, Garzanti, pp. 473-474.
4)  Una prova dell'importanza significativa  rappresentata dalla cazzuola è  provato       dall'avvenimento del 18 settembre del 1793 dove George   Washington ha usato uno stile massonico per la posa della prima pietra del Campidoglio degli Stati Uniti d'America.
5)  Hans Biedermann , Enciclopedia dei simboli, cit.., p. 104.
6)  Ibidem, p. 401.
7)  Dato che Fortunato è italiano, la  grandezza del piede potrebbe indicare l'Italia, la quale somiglia a un enorme stivale.
8)   Il prezioso metallo  potrebbe indicare la sapienza segreta. Per  questa spiegazione si legga la Enciclopedia dei Simboli. cit., p. 352. 



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